La Madonna del porcellino, per rispettare un popolare riferimento linguistico e iconografico, era ciò che più si notava in un affresco che appariva su un muro esterno di una casa in località Cascina Grossa, via Primo Laurenti, di Villar Perosa. Sebbene esso sia ormai quasi del tutto indecifrabile e si faccia fatica a riconoscergli dei grossi pregi artistici, è per lo meno sorprendente che quest’opera abbia subito due interventi di ritocco, uno all’inizio del secolo e un altro negli anni Quaranta.
Una chiave di lettura di tutta questa attenzione potrebbe essere trovata proprio nel valore che la tradizione ha assegnato a questo affresco. In base a testimonianze sappiamo che esso raffigurava in alto la Madonna e il Bambino tra San Pietro e sant’Antonio e in basso, quasi sotto i loro piedi, un maiale di proporzioni un po’ più grandi del normale (per probabile imperizia artistica), che viene spontaneo associare a Sant’Antonio, in un abbinamento che spesso compare nell’iconografia.
L’edificio, al cui esterno appare l’affresco, sarebbe inoltre stato tre-quattro secoli fa una caserma dove alloggiavano truppe dell’esercito piemontese o di quello francese. La sproporzione dell’animale e un probabile fatto di sangue connesso a questa presenza militare potrebbero essere stati proprio il contenuto-premessa su cui si è costruito un racconto delle masche, rimasto a lungo impresso nella memoria collettiva, dal quale potrebbe essere derivato anche il desiderio di salvare l’affresco.
Narra il racconto che da tempo si verificavano, nella caserma o nelle sue immediate vicinanze, misteriose e strane morti e ogni volta veniva scorto un maiale allontanarsi furtivamente dal posto. Poichè le indagini non erano approdate a nulla e sebbene si fosse appurato che a nessun contadino della zona fosse scomparso anche solo momentaneamente un simile animale, si cominciò a sospettare che esso fosse in qualche modo implicato nel caso.
Avvennero altre morti ma in nessuna di queste occasioni si riuscì a catturare il maiale che, come sempre, faceva la sua apparizione dopo ogni decesso. Inoltre, nemmeno i proiettili sembravano scalfirlo.
Qualcuno suggerì allora di usare delle pallottole d’oro, e fu un consiglio vincente. L’animale, colpito dopo l’ennesimo crimine, non venne però mai ritrovato.
Pochi giorni dopo , tuttavia, il rinvenimento del cadavere di un uomo destò molto clamore in paese, non tanto perchè si trattasse di un individuo conosciuto (rivalità campanilistiche, sociali e religiose offrivano identificazioni a proprio vantaggio) ma per il fatto che le sue ferite mortali fossero stata inferte da insolite pallottole dorate. (Villar Perosa, inverno 1994).
da “Leggende e tradizioni del Pinerolese” di Diego Priolo e Gian Vittorio Avondo (Centro Documentazione Alpina)
sono stato “cittadino” di Villar Perosa e leggere questa storia mi entusiasma
Grazie della preziosa informazione
Grazie per l’apprezzamento !!!