La prima domenica torinese del blocco della circolazione trascorsa a Genova. Sono le 7.10 di un mattino senza traffico quando arriviamo alla comoda stazione del Lingotto: comoda perché il posteggio è vicino e non è a pagamento. Con gli zaini pieni di succulenti panini (per vincere il caro-euro, meglio il fai da te) ci avviamo alla biglietteria: temevano un assedio ferroviario dei torinesi in fuga, la coda non c’è, paghiamo i 15,80 euro a testa di andata e ritorno per Genova Principe (in realtà Brignole) senza colpo ferire.
Si sprecano ovviamente le battute sui ritardi ferroviari, guardiamo con apprensione il tabellone centrale, quello sotto il quale sono situate le scale di accesso ai binari. Non ci sono note a margine, tiriamo un sospiro di sollievo.
Poca gente anche al binario per questo Torino-Genova delle 7,28. Lavori in corso nel sottopasso, sembrano ascensori o sono ascensori, la passerella olimpica ci osserva. L’annuncio coglie di sorpresa i disfattisti, quelli che si insinuano sui bus o sui treni e spargono veleni sullo stato del paese e del trasporto: il treno arriva alle ore 7,25. E incredibile parte alle ore 7,28. Una puntualità svizzera e difatti i passeggeri svizzeri virtuali plaudono compiaciuti. Un viaggio tranquillo, la pulizia non è granchè ma il treno va che è una meraviglia. Si discute della decisione del sindaco di Bussoleno, Giuseppe Joannas che con un’ordinanza ha vietato le strade del comune ai mezzi della famosissima multinazionale. I media ne parlano per due secondi, poi subentrano Zequila-Pappalardo a riempire le nostre ore massmediatiche. Neppure Jill Carroll ha riscosso interesse, cosicché qualcuno domanda Jill, che?.
Nel dormiveglia scorgo neve nei pressi di Asti o poco dopo. A Serravalle sono sveglio e a Serravalle niente visioni. Meno quindici all’evento, langue la neve.
Scendiamo alla stazione di Genova Principe alle ore 9,35, poco affollamento, la città è ancora in preda ai sogni. Genova ci accoglie con un vento tiepido tendente al freddo polare e un pallidissimo e coraggioso sole. Genova è una città che adoro, Genova è De Andrè, il g8 ma anche Genova per noi. Con quella faccia un po’ così e l’espressione un po’ così di noi che siamo nati a Genova. Ci fermiamo in via Balbi a fare una piccola colazione, strade deserte, pochi genovesi, qualche turista verso l’acquario, qualche cittadino del mondo.
Da Via Balbi (potete visitare Palazzo Reale) diritto verso la rotonda, Piazza della Nunziata indi giù verso il mare con via delle Fontane. Sarete accolti dalla sopraelevata Moro, una costruzione terrificante che taglia l’aria e la visuale. Cartelli rendono inequivocabile la presenza dell’Acquario, prima il parcheggio, poi il bacino del Porto Vecchio restituito a decoro e nobiltà. In ogni caso acquario a sinistra, il museo del Mare a destra.
L’ingresso all’acquario costa quattordici euro, arriviamo alle dieci meno dieci che neppure il deserto dei Tartari avrebbe descritto meglio la sensazione di solitudine. Qualche timido tentativo di bancarella ambulante nei pressi.
All’ingresso sarete accolti dalla foto di rito (che potrete ritirare a fine visita) e da una saletta con vendita guide, qualche piccola vasca e una stupenda raffigurazione del mondo. Lassù a parete, qualche informazione elettronica che scorre a rotazione.
Il primo impatto è con il filmato tridimensionale tema gli abissi: si conosce pochissimo della profondità del mare, i sottomarini arrivano a meno novecento, una sola volta ci siamo fiondati verso la Fossa delle Marianne o così mi sembra di aver captato. Sappiamo più di Marte o di Giove, questo è certo. Il filmato è breve e tenta con semplicità di spiegare la formazione delle montagne marine. Al termine vola nella sala la raccomandazione di non usare flash verso le vasche e l’annuncio verrà ripetuto numerose volte durante tutta la visita.
Si parte verso il mare, mondi conosciuti e sconosciuti, aumenta la folla. Le foche comuni sempre ispiranti simpatia ed un granchio enorme che impressiona per la non vitalità. E’ lì, forse ci scruta, forse non esistiamo neppure. Esistono eccome gli squali grigio e toro in vascone enorme con pesce sega, pesce luna e ricciole. Qui scatta la dimensione italica. Scatta nel senso che la vista dello squalo infiamma il fotografo cafonesco che è in ognuno di noi. Lo scoop da mostrare agli amici, Flash sparato giusto addosso all’animale. Una signora eleva sonore proteste e ci previene: il giovanotto armato di solida arroganza risponde da cafone e la discussione si allarga al marito della signora preveniente. La ragazza del cafon-fotografo, fino ad allora silente esplode con classe: “cerchi briga?”.
Lo squalo li osserva con placida indifferenza ma vorrebbe uscire e provare i denti sul duo nazionalpopolarcafone.
Non capisco perché non ci sia personale a controllare gli indisciplinati: se esiste una regola la si faccia rispettare fino in fondo. Al primo flash, arrivederci e grazie, questi sono i vostri quattordici euro. Verrebbero espulsi tutti?. Non credo gli indisciplinati sono una decina.
Intanto il pesce sega si rilassa, quella protuberanza che sembrerebbe scomoda o uno scherzo della natura serve per sondare il terreno alla ricerca di cibo. Lo squalo, no. Vaga su e giù come nel film omonimo, con quello stile un po’ serio e un po’ minaccioso: “l’occhio sembra di vetro” sussurra una ragazza affascinata da cotanta energia dimessa.
Abbandonati gli squali vera attrazione “negativa” si prosegue con scorfani, grongo e murene, una in una vasca successiva fa impressione forse più dello squalo che in fondo è più sornione. Il polpo comune apre la strada ai delfini: mamma Beta e sua figlia Blue, movenze raffinate e giocherellone.
Si va verso i luoghi più che i pesci, la distribuzione è molto razionale e logica: la sezione barriera corallina con il pesce angelo francese, paregina, squalo nutrice e tartaruga verde. Lo squalo nutrice è meno ondeggiante dei precedenti e suscita meno terrore. La cernia, il pesce civetta e il barracuda, anche lui generalmente poco socievole.
La foresta inondata con in scena il Rio delle Amazzoni: pesce ventosa, tritone, pesce gatto, arowana. Una vaschetta per le anemoni.
La prima sezione, chiamiamola così si chiude qui e si passa alla seconda. Divisa in tre parti: il vascello, il Madagascar e il Mediterraneo. A sinistra della sala alcuni cartelloni ricordano Colombo, Cook, Magellano e Darwin. Dalle scoperte delle terre alla scoperta della natura. Un pitone verde è in mezzo tra questi cartelloni e la vasca amici di Nemo: si arrotola, si avvinghia con lentezza. Strepitosa la creazione del pianeta Madagascar, una vera e propria ricostruzione di quell’isola incantata. Una parete che ricrea la foresta, centinaia di piante che sembrano un muro. Il coccodrillo del Nilo, anzi due visibili ed un avviso: non lanciare monetine.
Simpatica la rana pomodoro color rosso, più che rane girini immersi nel terriccio. Il pesce palla, la tartaruga verde e lo squalo pinna nera, meno aggressivo (giudizio sul momento) dei precedenti toro e grigio. Il terzo scenario è quello del Mediterraneo. Due vasche, una di razze che come dei cuccioli si lasciano accarezzare ed una di razze/trigoni (da non toccare come le razze, tanto di cartello, nessuno sfora come per i flash?).
E’ una visita lunga, quindi preparatevi. Ammaliante. Una visita lunga se vi piace osservare la vasca, leggere le didascaliche spiegazioni e soprattutto comprendere i comportamenti dei pesci: comportamenti forzati visto lo spazio, ma pur sempre piccole comunità.
La foresta umida tropicale, altra ambientazione. Testuggine, iguana, matamata. Pinguini, altro salto nel pianeta simpatia. Cartelloni per tonni, salmoni ed anguille. Un tonno microchippato è andato dalla Florida alla Norvegia in 50 giorni, 10.000 km, quasi duecento al giorno. Un maratoneta. Si arriva ai cilindri, neon, scalari e il temibilissimo piranha rosso: non sembra feroce ma quei dentini aguzzi devono essere poco simpatici.
Si esce intorno all’una e trentacinque: uscita obbligata per lo shopping, lo aggiriamo con cura. Quasi quattro ore di visita. Fa caldo a Genova, un sole forte per la stagione senza alcuna traccia di vento. Ci sediamo su una panchina per una breve sosta causa rifornimento cibario: al termine una breve passeggiata sulla via al mare De Andrè. Caffè in un locale del centro commerciale, un euro.
Si prosegue la giornata con la gita del porto, 40 minuti, 6 euro. Un viaggio intorno al porto dai magazzini del cotone e l’uscita dal bacino vecchio, verso la diga e il porto di Sampierdarena con la brezza forte che scivola sui capelli e la Lanterna che domina Genova. Prima limite della città, ora centro di tutto questo costruire. Una voce registrata racconta passo navale dopo passo navale cosa incrociano i nostri ignari occhi. Tornando a riva e dirigendo la prua terrestre a destra si incrociano i musei dell’antartide e della Siberia, ma per ogni dubbio c’è un punto informativo proprio di fronte alla biglietteria dell’acquario.
Il consiglio della gentile signorina è andare verso l’interno: piazza Matteotti con palazzo Ducale, piazza de Ferrari con il teatro Carlo Felice, via xxv aprile e via Garibaldi con palazzo Tursi, palazzo Bianco e palazzo Rosso.
Quello che impressiona del lungomare di Genova è la quantità di gente, di ogni tipo, di ogni colore. In Piazza Caricamento, proprio nei pressi dell’acquario concerto di un gruppo di ragazzi peruviani, musica divertente e carica di leggiadria. Ci auguriamo di vedere spettacoli canori improvvisati anche durante To2006, non solo ordine subalpino.
Proprio di fronte alla piazza ma verso i carrugi c’è palazzo Spinola: i carrugi sono l’anima di questa città, sembrano un grande cunicolo marino, sono un’onda che prosegue e si apre verso il cielo. L’acquario di Genova è aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 19,30, sabato, domenica, prefestivi e festivi dalle ore 9 alle ore 20,30. L’ultimo ingresso è un’ora e mezza prima della chiusura. L’ingresso al Galata/Museo del Mare che ho visitato pochi mesi fa, altra struttura d’attrazione, costa dieci euro. Ricordo che per visitare la fiera internazione (vedi salone nautico) la stazione di Brignole è più comoda.
Si ritorna verso la stazione non prima di aver visto i giardinetti di palazzo Reale. La polizia controlla dei documenti. Partenza alle ore 18,25 (il treno precedente- stessa tipologia di biglietto dell’andata alle 16,25). In stazione una libreria svende libri: poco più di un euro, dai due ai quattro quelli di lingua inglese, venti centesimi qualche bignamino onnicomprensivo. Il treno da Alassio è atteso con venti minuti di ritardo, unica nota stonata ferroviaria del giorno. Planiamo a Torino in orario come all’andata siamo arrivati in orario da Genova: potere del meno quindici olimpico?.
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