Chiatellino, il Fitzcarraldo del ciclismo

“Vivo per il ciclismo, sui muri di casa mia i campioni più grandi”

Elvio Chiatellino, vulcanico imprenditore da 20 anni presidente della Cooperativa Sociale Quadrifoglio, ha fatto le cose in grande radunando stasera a Pinerolo campioni del pedale di oggi e di ieri per presentare le due tappe del prossimo Giro d’Italia che toccheranno la sua città.

Chiatellino, come ha fatto a riunire in una sola serata tanti big?

«Non è stato facile, ma la mia passione per il ciclismo ogni tanto mi fa fare dei piccoli miracoli».

Le sarà costato parecchio…

«Non mi piace parlare di soldi, se mai di affetto, emozione, ricordi, sentimenti che mi legano a questo sport».

Quando è nato il suo amore per il ciclismo?

«Ero nella pancia della mamma quando Coppi fece l’impresa nella Cuneo-Pinerolo al Giro d’Italia 1949, quando vinse per distacco dopo aver scalato in solitaria Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro e Sestriere. È come se quell’exploit l’avessi vissuto anch’io».

Quale fu invece la sua prima corsa dal vivo?

«Avevo 6 anni e mi portarono a vedere la Gap-Torino, tappa del Tour 1956 vinta da Defilippis sulla pista di atletica dello Stadio Comunale gremito da 60 mila persone. Indimenticabile».

Dunque il ciclismo era una passione di famiglia?

«Mio nonno materno, si chiamava Giovanni Flogna, era stato un buon corridore. Da ragazzo tornavo in fretta a casa da scuola per sentire con lui le radiocronache delle tappe di Giro e Tour, fantasticando su scatti, fughe, salite epiche e personaggi leggendari».

Dicono che lei sia un’enciclopedia vivente del ciclismo, che sappia tutto di date, corse, risultati, corridori…

«Mi piace memorizzare anche per non dimenticare chi ha fatto la storia dello sport che più mi appassiona».

Nella sua casa ci sono 7 grandi affreschi-icone di altrettanti campioni del pedale. Perché?

«Sono i più grandi. C’è naturalmente Coppi per gli Anni 50, poi Anquetil per i 60, Merckx per i 70, Hinault per gli 80, Indurain per i 90, Armstrong per il 2000 e Contador per il 2010».

Anche Armstrong che fu radiato per doping?

«Per le regole di allora Armstrong vinse 7 Tour, assurdo toglierglieli con leggi successive. E la cosa vale anche per Contador, che per me di grandi giri ne ha vinti 9, non 7».

Ha anche qualche immagine di Pantani?

«No, solo dei vincitori di almeno 7 grandi giri. Pantani non ne ebbe il tempo».

Il prossimo maggio non sarà la prima volta che il grande ciclismo passa per Pinerolo grazie a lei, vero?

«No, sarà la quinta. Riuscii già a portare il Giro nel 2007, 2009 e 2016, mentre nel 2011 ce la feci anche con il Tour, dopo cinque viaggi a Parigi e sempre in macchina perché ho il terrore dell’aereo. Quando mi dissero che la Grande Boucle avrebbe fatto tappa a Pinerolo quasi non ci credevo. Fu il più bel giorno della mia vita, dopo quello del matrimonio con mia moglie Marina».

Una grande soddisfazione ma anche un onere economico gravoso…

«Non ho figli, e poi c’è anche un buon ritorno pubblicitario per la mia cooperativa. In ogni caso portare a Pinerolo i grandi campioni del ciclismo per me non ha prezzo».

Lei ci provò anche col Mondiale su strada, ma andò male. Perché?

«Lì ero fuori budget e a me non piace chiedere soldi in giro. Ma ho già pronto un altro obiettivo: riportare in Piemonte il Tour, magari aiutando gli amici di Cuneo».

 


 

Articolo dalla Gazzetta dello Sport, 27 gennaio 2011 di Marco Pastonesi

“I have a dream”. Il suo sogno: Giro e Tour sotto casa, a casa, in casa e, se solo avesse potuto, in cortile o nel tinello. Ha mosso il mondo, è andato alla montagna e adesso la montagna verrà da lui. Nel 2007 il Giro, nel 2011 il Tour. E’ successo e succederà a Pinerolo, che dal 1949 non è solo provincia di Torino, ma anche capitale del ciclismo.

Certi sogni te li porti da sempre. Elvio Chiatellino era ancora nella pancia della mamma quando alla Cuneo-Pinerolo, Giro 1949, Fausto Coppi rifilò 11’52″ al secondo, Gino Bartali, e 1.33’55″ al sessantacinquesimo, e ultimo, Mario Benso. Aveva sei anni ed era sulla strada quando alla Gap-Torino, Tour 1956, Charlie Gaul venne inghiottito a 10 chilometri dall’arrivo e la tappa conquistata da Nino Defilippis. Da allora, quando Giro e Tour passavano da lì, era sulla strada, e quando non passavano da lì, prima era aggrappato alla radio, poi appiccicato alla tv. Per passione.

Adesso che si può permettere di trasformare i sogni in fughe e volate, Chiatellino non si ferma più. Come Fitzcarraldo fece costruire un teatro dell’opera nella foresta amazzonica per ospitare Enrico Caruso, così Chiatellino ha invitato nel Teatro Sociale di Pinerolo il meglio del meglio del meglio. Il meglio del ciclismo di oggi (il campione del mondo Hushovd, Andy Schleck, Basso, Cunego, Nibali, Pellizotti e Riccò) e di ieri (Gimondi, Messina, Moser, Zilioli, Chiappucci…), il patron del Giro Zomegnan e quello del Tour Prudhomme, e poi tecnici, giornalisti, suiveurs. Risultato: 600 posti esauriti dentro e code fuori.

Pinerolo è oriunda: tre volte impadronita dai francesi, tre volte riconquistata dai Savoia, nel ’600 prigione della Maschera di ferro, nel 1848 sede della prima Associazione generale operaia arti e mestieri di mutuo soccorso, nel 2011 residenza di 36 mila abitanti di cui 18 mila immigrati. Pinerolo è panettone (Galup) e caffè (Ramon de Rivaz), cooperazione (Quadrifoglio, l’azienda di Chiatellino) e soprattutto ciclismo. L’orizzonte regala Sestriere e Monginevro, l’immaginazione Izoard e Galibier. Qui, se ti siedi su un paracarro e chiudi gli occhi, vedi pedalare la storia.

Orologio sul polsino sinistro della camicia, all’Avvocato, Chiatellino ha sempre pensato e tifato da numero 1. Il suo eroe negli anni Cinquanta non era Malabrocca Luigi da Garlasco ma Coppi Fausto da Castellania, negli anni Sessanta non era Nunzio Pellicciari ma Jacques Anquetil, poi negli anni Settanta Merckx, negli anni Ottanta Hinault, negli anni Novanta Indurain, nel Duemila Armstrong e adesso – così, a occhio – potrebbe oscillare solo fra Contador e Schleck, nel senso di Andy, con il beneficio dell’antidoping. Insomma, guarda dall’alto.

Mancano sei mesi al Tour che arriva e riparte da Pinerolo. A chi pensa che manchi una vita, Chiatellino ribatte che manca poco o niente. “Pinerolo – spiega – dovrà essere all’altezza del Tour”. Sarebbe stato più difficile per il Tour essere all’altezza di Chiatellino.

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